sabato 23 agosto 2014

Radical chic e nazista. "Immorale partorire un down" - Ecco l'eugenetica radical chic,

Il piccolo Gammy

Non di solo nazismo vive l'eugenetica. A renderla attuale interviene il noto difensore del darwinismo e divulgatore scientifico Richard Dawkins tanto caro ai laici di sinistra. Non più tardi dell'altro ieri ha pubblicato su Twitter un post esplosivo.Per o studioso britannico i nascituri cui si è diagnosticata la sindrome di Down dovrebbero essere tutti abortiti perché sarebbe "immorale" partorirli. La polemica nasce da una donna che definisce un dilemma portare in grembo un bambino affetto dalla trisomia 21, a cui Dawkins risponde seccamente: "Abortisci e ritenta. Sarebbe immorale metterlo al mondo, visto che hai la possibilità di evitarlo". L'uscita scatena una bufera.
Richard Dawkins comincia la sua carriera come zoologo e teorico del darwinismo fino a occupare a Oxford la cattedra di "Public understanding of science", insomma di divulgazione scientifica. Ma la fama giunge per altre ragioni. Sarà la discesa nell'agone mediatico dopo le polemiche con Stephen Jay Gould a farlo diventare uno dei più acclamati portabandiera del laicismo. La lotta contro l'oscurantismo religioso e la difesa a spada tratta dell'ateismo fanno balzare i suoi libri in testa alle classifiche e lievitare i suoi cachet. Il gene egoista e L'Illusione di Dio rappresentano bene i due estremi dei suoi interessi, la divulgazione e la polemica antireligiosa. Da allora Dawkins pensa bene che paghi di più fare l'opinion maker che lo studioso. Per seguire questa scelta eccolo, come tanti altri omini pubblici, a commentare sui social network eventi ed episodi della quotidianità. L'ultimo a trascinarlo tra i marosi è la sua posizione a favore dell'aborto di un feto portatore della sindrome di down. 
Non dovrebbe stupire la sua posizione. Potrebbe pensare diversamente uno che si vede erede di Francis Galton, cugino diretto del suo maestro Charles Darwin e fondatore dell'eugenetica e del darwinismo sociale? Potrebbe giungere a conclusioni differenti uno che reinterpreta in termini morali, come si addice a tempi politicamente corretti, la convinzione di Galton che la sola eugenetica, e quindi non una selezione naturale ma una selezione artificiale, possa garantire la prosperità e la felicità del genere umano? Date queste premesse, potrebbe Dawkins condannare alla sofferenza un bimbo down invece di impedirgli di venire al mondo? Cosa distingue nella sostanza la convinzione di Galton, fatta propria dalla fine dell'Ottocento negli USA e negli anni Trenta dalla socialdemocratica Svezia ben prima della Germania nazista di Hitler, da quella di Richard Dawkins?
Ieri il celebre divulgatore scientifico, accortosi della gaffe, ha ritrattato. Ma ormai il gioco era fatto. Evidentemente le campagne di sensibilizzazione promosse da Coordown, l'organizzazione nata in Italia nel 2003 per coordinare tutte le associazioni che si occupano di trisomia 21, hanno dato i loro frutti. Chi non ricorda "Dear future mom", la pubblicità progresso in cui otto ragazzi down si rivolgono a una  futura mamma impaurita perché ha appena saputo che il figlio nascerà con quella sindrome?
Certo le posizioni di Dawkins sono in linea con un Occidente utilitarista, laicizzato e dedito alla spending review: eliminando un feto down non rinuncerebbe a un consumatore produttore di pil e permetterebbe di risparmiare sulle spese mediche. Le conseguenze del laicismo di sinistra sono ormai allo scoperto!
Tratto dall'articolo di
pubblicato su "Libero"

di sabato 23 agosto 2014, pag. 1-14
Eugenetica oggi


Eugenetica anni Trenta

Bibliografia:

Titolo; La disfatta evoluzionista
Autore: Maurizio Blondet
Edizione: Effedieffe


 Nuova edizione di "L'uccellosauro ed altri animali", arricchito di 105 pagine di nuovi contributi di Blondet sul tema evoluzionismo. Blondet non oppone all'evoluzionismo il creazionismo, ma oppone ad una dottrina pseudoscientifica argomentazioni scientifiche precise quali l'intelligent design e la complessità irriducibile. Si contano a decine paleontologi e matematici, genetisti e biologi molecolari, ormai apertamente critici del mito evoluzionista, che osano deridere il concetto di selezione naturale: nei loro argomenti mettono alle corde i baroni dell'evoluzionismo e le loro scoperte e polemiche sono accolte nelle riviste scientifiche americane. Doveroso smascherare l'infondatezza di una teoria - basti pensare, tra i tanti errori, che su milioni di fossili presenti sulla terra non ne è mai stato trovato uno riguardante i famosi anelli di congiunzione - imposta dogmaticamente al punto che gli oppositori, a livello accademico, non hanno alcuno spazio o dignità.





Titolo: Dimenticare Darwin
Autore: Giuseppe Sermonti
Edizione: Il Cerchio


Questo libro non affronta l'annoso conflitto evoluzione-creazione. Il titolo Dimenticare Darwin e' un invito a spostare l'attenzione su altri temi. Cercando la spiegazione dell'Evoluzione nelle molecole, il biochimico ha dovuto constatare che "non sono le differenze biochimiche che hanno generato la diversificazione tra gli organismi" (Monod, 1977). Con il confronto molecolare non sappiamo neppure rispondere alla domanda (Cap.6) "Perche' una mosca non e' un cavallo?". Se un uomo ha quasi gli stessi geni di un topolino, di un insetto o di un fiore, dove e' allora la base genetica della nostra singolarita'? Il mistero della forma naturale e delle grandi differenze trai viventi e' fuori del DNA, in "campi" immateriali che prescrivono le forme nello spazio. Al di la' delle molecole altri percorsi ci attendono, che incontrino il senso, la bellezza e le meraviglie delle forme naturali, senza pretendere l'ultima parola, e lasciandoci stupiti alla soglia del mistero. Dimenticando Darwin, Sermonti ripercorre alcune di queste strade e invita il lettore a seguirlo, a divertirsi, a perdersi e a ritrovarsi. Nel finale l'Evoluzionismo e' prospettato come una versione laica del Genesi biblico.





martedì 19 agosto 2014

Papa Francesco in Corea visita il Cimitero dei bambini abortiti

Papa Francesco prega in silenzio davanti alle croci bianche

 dei bambini non nati  (Corea)
"...la sosta e la preghiera di Papa Francesco in un luogo-simbolo particolare: Taeahdongsan, il Giardino dei bimbi abortiti di KKottongsan (Villaggio dei fiori, in coreano). Quella del Papa è sata una sosta breve e silenziosa. Prima di recarsi all'incontro nella Casa della speranza, centro di recupero per disabili, il Pontefice ha interrotto il percorso in auto, accostandosi al cimitero, rimanendo per qualche istante in silenzio e in preghiera, Un momento di intensa commozione, di silenzio assorto, in quel fazzoletto di prato verde punteggiato da centinaia di piccole croci bianche, che rappresentano le vite non nate. Si tratta di un gesto non inusuale da parte del Pontefice che ha già più volte espresso  con forza e chiarezza il proprio pensiero e ribadito quello della Chiesa in materia di aborto.
Il momento di preghiera del Pontefice al Giardino dei bambini abortiti è stato accolto con gioia dalle associazioni pro-life a livello mondiale. Un certo silenzio e imbarazzo, invece, sono calati sul gesto da parte di molti commentatori politically-correct, come quasi sempre accade, quando il Pontefice, che certo gode di buona stampa, si esprime su temi eticamente "caldi", famiglia, vita, educazione e scuola, soprattutto se pensiamo alle feroci polemiche suscitate dai vari Taeahdongsang italiani, nei quali seppellire i bambini non nati. Per esempio, quando è nato a Monopoli il Giardino dei bambini mai nati, Sel è insorta sottolineando che si trattava dell"'iniziativa di un partito di morte". O quando nel marzo 2012 la giunta del comune di Firenze ha proposto una delibera per predisporre, all'interno del Camposanto di Trespiano, un'area destinata ad accogliere la sepoltura dei feti, il PD locale si è addirittura spaccato."
Tratto dal Quotidiano Libero
del 19 agosto 2014 - pag. 16
di Caterina Maniaci


sabato 2 agosto 2014

Utero in affitto: un disastro! Storia di Gammy e della sua coraggiosa mamma adottiva Pattharamon

#HopeForGammy

I sommersi e i salvati della maternità surrogata. Il quotidiano thailandese Thai Rath ha raccontato la storia di Pattharamon Janbua, donna di 21 anni che poco più di un anno fa aveva affittato, per un compenso equivalente a 8mila euro, il proprio utero per la gestazione dell’uovo fecondato di una coppia australiana che non poteva avere bambini. La donna, nonostante gli scrupoli dovuti al suo credo buddhista, accetta la proposta di un mediatore thailandese (la coppia australiana resta anonima) e, a tre mesi dall’impianto, scopre di essere incinta di due gemelli. Il mediatore le promette altri 1100 euro per il secondo bambino. Al quarto mese, con un controllo di routine, i dottori si accorgono che uno dei due bambini, il maschio, è affetto da sindrome di Down. Il mediatore si fa di nuovo vivo riferendo alla madre surrogata Pattharamon che i genitori genetici non hanno intenzione di prendersi il bambino malato, le propongono di sottoporsi a un aborto ma lei, stavolta, rifiuta perché lo considera un peccato secondo la sua fede. Portata a termine la gravidanza, il mediatore prende la bambina sana e lascia Gammy, che ora ha sei mesi, a Pattharamon.
Oltre alla sindrome di Down, Gammy ha una malattia cardiaca congenita e Pattharamon non ha i soldi per le cure. Così mentre la sua sorellina gemella ora è al sicuro con i genitori da qualche parte in Australia, Gammy rischia di morire, abbandonato a una ragazza povera, sposata e che ha già due figli di 6 e 3 anni, e che non sapeva nulla della pratica dell’utero in affitto tanto che al mediatore chiese se avrebbe dovuto fare sesso con un altro uomo. La coppia australiana, che in perfetta coerenza con la sua logica mercantile e disumana non ha nemmeno pagato Gammy in quanto merce difettosa, si è volatilizzata, mentre la madre thailandese surrogata che a stento riesce a mantenere la sua famiglia genetica dice che le colpe degli adulti non devono ricadere su Gammy, che lei lo ha voluto e ora lo ama come se fosse suo figlio.
Dopo la pubblicazione della notizia, una campagna chiamata “Una speranza per Gammy” ha raccolto 40mila euro. Ma la vera speranza per lui sta nell’avere una madre che, a differenza di quella genetica, lo ha voluto e lo ama incondizionatamente, non perché è un prodotto esente da difetti di fabbricazione.
di Giordano Tedoldi
Tratto da "Libero" del 2 agosto 2014 - pag. 15