- Titolo: Chiesa, ecumenismo e politica.Nuovi saggi di ecclesiologia (Saggi Teologici)
- Autore: Papa Benedetto XVI (Josef Ratzinger)
- Editore: San Paolo Edizioni
- Data: 1987
In data 27 aprile 2013, Antonio Socci ha pubblicato su "Libero" un articolo in cui si cita ampiamente questo testo bello, interessante e attualissimo del Papa Emerito Benedetto XVI.
Riportiamo di seguito l'articolo di Antonio Socci, che, come al solito, dimostra di avere le idee molto chiare anche sulla attuale situazione politica italiana:
APOLOGIA RATZINGERIANA DEL COMPROMESSO
C’è un documento “rivoluzionario”
che vale la pena rileggere oggi perché illumina l’attualità politica.
Dovrebbero meditarlo tanto i sostenitori del nascente governo Letta, quanto i
suoi rabbiosi oppositori.
E’ un formidabile elogio filosofico
e teologico del compromesso come moralità della politica. Ed è una bocciatura senza
appello di massimalismi, utopismi, fondamentalismi, ideologie e giacobinismi di
tutte le epoche e le latitudini (che possono essere atei o religiosi, di
sinistra come di destra).
Questo discorso – particolarmente
prezioso in giorni nei quali si confonde, deprecandolo, il compromesso con
l’inciucio – porta la firma dell’allora cardinale Joseph Ratzinger.
Fu pronunciato il 26 novembre 1981,
durante una messa per i deputati cattolici del parlamento tedesco nella chiesa
di San Winfried a Bonn.
Il testo è stato poi inserito nel
libro “Chiesa, ecumenismo e politica” (edizioni paoline) col titolo “Aspetti
biblici del tema fede e politica”.
Ratzinger iniziava spiegando che “lo
stato non è la totalità dell’esistenza umana e non abbraccia tutta la speranza
umana… questo alleggerisce il peso all’uomo politico e gli apre la strada a una
politica razionale”.
Una simile affermazione – che è
tipicamente cristiana perché in epoca precristiana il potere tendeva a
divinizzarsi, a porsi come assoluto – è la base della vera laicità. Perché
afferma che non ci si deve aspettare la felicità e il Bene Assoluto dalla
politica.
“La fede cristiana” aggiungeva il
cardinale “ha distrutto il mito dello stato divino, il mito dello
stato-paradiso e della società senza dominio o potere. Al suo posto ha invece
collocato il realismo della ragione”.
Così la politica è chiamata al buon
governo delle cose umane, secondo criteri di realismo, gradualismo e
razionalità, nella direzione della libertà e della dignità umana.
Con la consapevole accettazione
dell’imperfezione che caratterizza ogni realizzazione terrena.
Invece il desiderio di felicità o di
Bene Assoluto che riempie il cuore umano è un desiderio infinito che la
politica deve servire, ma che non può appagare.
Si deve cercare altrove.
Ogni volta che la politica è stata
investita da un’attesa messianica di palingenesi, di purificazione, di
redenzione, di liberazione, ha partorito ideologie e sistemi totalitari che –
dopo aver promesso il paradiso in terra – hanno costruito inferni.
Infatti Ratzinger osservava – in
quel discorso – che “quando la fede cristiana, la fede in una speranza
superiore all’uomo, decade, insorge il mito dello stato divino, perché l’uomo
non può rinunciare alla totalità della speranza”.
Essendo stato il cristianesimo a
portare la laicizzazione dello Stato e della politica, poi, con la
scristianizzazione, sono rispuntate le ideologie e i totalitarismi.
E tramontate le ideologie
sistematiche e totalitarie del Novecento, un’analoga tentazione – di
messianismo politico – continua a permanere oggi nei fondamentalismi, negli
utopismi moralisti e giacobini, nei fanatismi manichei che vedono in una parte
politica il Bene assoluto e nella parte avversa il Male assoluto.
Ratzinger ha un giudizio netto: “una
simile politica, che fa del Regno di Dio un prodotto della politica… è per sua
natura politica della schiavitù; è politica mitologica”.
E qui il cardinale sottolinea
l’importanza della presenza dei cristiani per proteggere la laicità dello stato
dai fanatismi, dai messianismi politici.
Dice: “la fede oppone a questa
politica lo sguardo e la misura della ragione cristiana… il rifiuto della
speranza che è nella fede è, al tempo stesso, un rifiuto al senso di misura
della ragione politica. La rinuncia alle speranze mitiche propria della società
non tirannica non è rassegnazione, ma lealtà che mantiene l’uomo nella
speranza”.
A questo punto Ratzinger introduce
un tema che illumina l’attualità. Oggi infatti in Italia sono sostanzialmente
tre politici cattolici, cioè Enrico Letta, Angelino Alfano e Mario Mauro a
condurre in porto questa svolta che – se ha successo – può farci uscire dalla
guerra civile permanente e portare a una pacificazione storica, a una stagione
di ragionevolezza, realismo, bene comune e prosperità.
E anche a un salutare rinnovamento
generazionale.
Sono tre giovani politici dai
percorsi diversi, ma accomunati dalla fede cattolica e politicamente da
un’originaria ispirazione degasperiana .
Anche nel dopoguerra del resto fu la
classe politica cattolica, guidata da De Gasperi, a portarci fuori dall’incubo
delle ideologie totalitarie e dei loro miti che avevano provocato rovine.
Perché tanto ieri che oggi proprio
dei politici cattolici hanno questa funzione storica?
Ratzinger spiega: “Il primo servizio
che la fede fa alla politica è la liberazione dell’uomo dall’irrazionalità dei
miti politici che sono il vero rischio del nostro tempo”.
Ed ecco la splendida apologia
ratzingeriana della razionalità e del compromesso:
“Essere sobri ed attuare ciò
che è possibile, e non reclamare con il cuore in fiamme l’impossibile, è sempre
stato difficile; la voce della ragione non è mai così forte come il grido
irrazionale. Il grido che reclama le grandi cose ha la vibrazione del
moralismo; limitarsi al possibile sembra invece una rinuncia alla passione
morale, sembra il pragmatismo dei meschini. Ma la verità è che la morale
politica consiste precisamente nella resistenza alla seduzione delle grandi
parole con cui ci si fa gioco dell’umanità dell’uomo e delle sue possibilità”.
Ratzinger conclude:
“Non è morale il moralismo
dell’avventura, che intende realizzare da sé le cose di Dio. Lo è invece la
lealtà che accetta le misure dell’uomo e compie, entro queste misure, l’opera
dell’uomo. Non l’assenza di ogni compromesso, ma il compromesso stesso è la
vera morale dell’attività politica”.
Sono considerazioni autorevoli da
prendere come bussola. Oggi che, ancora una volta nella storia di questo Paese,
proprio dei politici cattolici stanno provando a “smilitarizzare” la politica,
a sminarla dai fondamentalismi, a laicizzarla, a mostrare che il compromesso
(se non viene svilito) ha una profonda moralità.
Come nel dopoguerra, si trovano a
fianco i riformisti, i liberali e i socialisti. Tutti deprecati dai
massimalisti.
E’ il caso di portare a compimento
questa svolta con un certo orgoglio, non “alla vergognosa”, se conveniamo – con
Ratzinger – che è davvero morale il realismo della razionalità e del
compromesso, non l’utopismo, né il giacobinismo, né il massimalismo, né
l’integralismo.
Dietro alle tentazioni ideologiche
che, nelle diverse forme, hanno bisogno del Nemico e pretendono di mettere
sulla scena della politica lo scontro fra il Bene Assoluto e il Male assoluto,
sta sempre una forma di gnosticismo, come ha spiegato un grande filosofo, Erich
Voegelin, autore del “Mito del mondo nuovo”.
Il cristianesimo ci libera da questo
pericolo sempre incombente. Ma – ovviamente – “ciò non significa” conclude
Ratzinger “che la fede abbia portato un realismo libero da valori, il realismo
della statistica e della pura fisica sociale. Al vero realismo dell’uomo
appartiene l’umanesimo e all’umanesimo appartiene Dio”.
Un nuovo umanesimo e un nuovo
rinascimento potrebbero essere l’orizzonte e l’ambizione di questa
pacificazione nazionale. Se non fallisce e non viene sabotata.
Se non diventa un compromesso al
ribasso. Se i protagonisti saranno capaci di far fronte alla grandezza della
responsabilità.