martedì 28 agosto 2012

ESOTERISMO E FOLKLORE IN WILLIAM BUTLER YEATS - In appendice LA ROSA SEGRETA di Luca Gallesi - Editrice Nuovi Orizzonti - Dicembre 1990


Esoterismo e folklore in W. B. Yeats
 di Luca Gallesi
PREFAZIONE  a cura del Prof. Geoffrey Hutchings dell'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

William Butler Yeats è ritenuto uno dei maggiori poeti in lingua inglese e allo stesso tempo è considerato uno dei più difficili. Premio Nobel nel 1923 e ispiratore del rinascimento celtico è poeta, saggista, drammaturgo e politico nella veste di senatore della Repubblica d'Irlanda.
          Definito come l'ultimo dei romantici e allo stesso tempo come uno dei primi moderni, rappresenta effettivamente il passaggio tra la poesia idealista ed esotica tipica di un certo tipo di romanticismo e quella più tagliente e severa del modernismo.
          Secondo Ezra Pound, il più vivace e polemico poeta moderno, Yeats "ha liberato la poesia inglese dalla sua maledetta retorica" ed "è diventato un classico durante la vita".
          Gran parte delle difficoltà riscontrate da chi si avvicina all'opera di Yeats è da ricondurre alla selva di simboli e di riferimenti mitologici o iniziatici che si trovano in tutta la sua produzione letteraria, dalle poesie ai drammi, alla saggistica.
          Nato nel 1865 a Dublino e successivamente trasferitosi a Londra, W. B. Yeats sente fortissimo il richiamo alla terra natia, dove torna a vivere anche tra il 1880 e il 1883, e dove trascorre ogni estate in compagnia dello zio materno George Pollexfen. L'Irlanda della fine del secolo è una terra dove la tradizione orale è ancora viva: pescatori e contadini custodiscono un patrimonio di leggende e racconti che affascinano il giovane poeta e accendono in lui l'entusiasmo per un mondo di eroi e guerrieri, di maghi e folletti. . La frequentazione della Dublin School of Art, dove incontra George Russel (AE) segna l'inizio di un crescente interesse verso l'occulto che trova subito numerosi punti in comune con lo studio appassionato del folklore irlandese. Appena ventenne Yeats si è già incamminato sul sentiero che chiamerà "Hodos Chamalientos", il sentiero del camaleonte, al quale faranno da sfondo i temi già ricordati del folklore e del sapere iniziatico.
          La lettura delle opere giovanili come Crossways, The Wanderings of Oisin, The Rose, The Secret Rose, e The Wind among the Reeds, rende esplicito il riferimento a miti e simboli caratteristici di un'epoca prestorica, di un'età dell'Oro verso la quale il poeta nutre nostalgia e alla quale spera di approdare attraverso le tecniche magiche e l'iniziazione ai misteri di vari Ordini esoterici. In fondo, l'impulso cruciale che spinge il poeta ad affrontare i campi confusi del sovrannaturale e dell'occulto è proprio una insaziabile nostalgia verso ciò che non è più e forse non è mai stato, ma che il poeta sente di vitale importanza. La passione che anima Yeats è indirizzata a una Quest che non si esaurirà mai perchè l'obiettivo non è rappresentato da una meta raggiungibile, ma è semplicemente una ricerca fine a se stessa. Yeats vuole trasformare la sua esistenza quotidiana e quindi la sua produzione poetica in una sfida alla corruttibilità della materia, e il continuo conflitto dialettico tra ciò che si è e ciò che si vuole essere è secondo lui l'essenza dell'Arte. Gli strumenti che Yeats utilizza per effettuare questa trasmutazione gli sono forniti dalla magia, parola oggi evocatrice di concetti affatto diversi da quelli che il poeta intendeva. 
          Attraverso la lettura di Swedenborg, Boheme, Agrippa e con la mediazione del visionario Blake, Yeats si convince che l'occulto può dare le risposte che desidera e la sua ricerca dell'immortalità s'indirizza verso la Società Teosofica, la Golden Dawn, lo spiritismo e l'elaborazione di quel complesso trattato di storia delle civiltà e di teorie psicoastronomiche che è A vision.
          Personalmente, ho sempre nutrito un certo scetticismo di fronte alle stravaganze esoteriche di W.B. Yeats, ma ritengo che, per poterlo apprezzare meglio, sia utile conoscere il suo background; solo così infatti si possono sverlarne alcune oscurità, e si può comprendere meglio l'uomo che è inscindibile dal poeta. Però l'interesse anzi l'attrazione di Yeats per argomenti mistici e magici corrisponde al suo forte bisogno di costruirsi un sistema strutturale per dare forma alla sua visione poetica, cioè il bisogno di un'organizzazione capace di tenere insieme e sostenere il materiale poetico. A questo proposito ho accolto con piacere la pubblicazione del presente saggio che mi ha aiutato a far luce sugli aspetti più ostici di Yeats.  
          L'autore è partito dalla lettura delle opere autobiografiche e di saggistica di Yeats per tracciare sinteticamente una mappa degli argomenti che gli sono sembrati più legati alla tradizione occulta. Dopo una sintetica ma esauriente biografia "magica" di Yeats, in cui mette in risalto le esperienze iniziatiche più significative, Gallesi ha sviluppato tra gli altri, i temi del simbolo, del sogno, del bipolarismo sole-luna così come Yeats stesso li ha esposti nelle sue opere, per rielaborare gli stessi argomenti seguendo le fonti a cui si è ispirato (Agrippa, Levi, ecc...) fino ad allargare le analogie ai giorni nostri con il riferimento alle esperienze dell'etnologo-stregone Carlos Castaneda, controverso autore popolarissimo in america negli anni 60 e 70. 
          L'ampiezza dei riferimenti e il carattere quasi enciclopedico dei numerosi argomenti trattati può dare l'impressione che ci si trovi di fronte ad  un lavoro superficiale ma esso rappresenta invece un primo tentativo, da parte di uno studioso ancora giovane, di approfondire con sincero entusiasmo il poeta W.B. Yeats affrontandolo sul terreno più insidioso ma più significativo dell'occulto. 
          Negli ultimi anni abbiamo assistito in Italia a un interesse verso la figura e le opere di W.B. Yeats mai riscontrato prima. Alla pubblicazione di Anima Mundi, alla ristampa di   Fiabe Irlandesi e alla nuova edizione di Drammi Celtici presso importanti editori è seguita una folta schiera di recensioni su tutti i quotidiani nazionali che hanno analizzato e approfondito l'importanza del poeta irlandese. E' quindi in un contesto interessato e favorevole che appare in questo volume la prima edizione italiana di The Secret Rose, considerata da Yeats come una vera e propria opera esoterica.
          Dedicata all'amico mistico George Russel e apparsa in varie edizioni assai modificate rispetto alla prima del 1897, The Secret Rose è un'opera di cui solo recentemente si è riconosciuta l'importanza ai fini di una corretta e completa valutazione del Poeta.
          Secondo le parole di Yeats, questo libro tratta un solo argomento: la guerra dell'ordine spirituale contro quello naturale ed è un lancinante grido di dolore e di allarme contro la grettezza e il materialismo del mondo moderno. Forse alcuni personaggi potranno sembrare un po' ingenui agli smaliziati lettori degli anni 90, ma tutto sommato ritengo che essi mantengano un fascino inalterato, dato che il modo in cui Yeats ne ha tratteggiato le gesta e i caratteri fà di loro degli eroi atemporali, quali se ne sono potuti trovare in tutte le epoche e in tutte le civiltà. A Yeats interessa però l'Irlanda, ed è sua premura ricordarlo in ogni racconto: dall'Irlanda precristiana di La saggezza del Re a quella paleocristiana di Dove non c'è nulla c'è Dio al medioevo di Dal cuore della Rosa sino al secolo XVIII dei Vecchi del crepuscolo.
          In ogni racconto Yeats affronta con passione il tema del conflitto di chi per casta o vocazione è costretto a combattere la grettezza di quanti lo circondano. Il tema romantico dell'eroe idealista e solitario è il filo conduttore del libro. Yeats crede fermamente in una memoria collettiva quasi junghiana. Tale "Great Memory", come la chiama il Poeta, è presente negli individui, nelle razze e nelle nazioni. La comunione dei vivi e dei morti e le figure di personaggi eroici del passato rendono più saldi i legami di ogni individuo col proprio destino che si deve compiere comunque. Questa ricerca, che negli anni '20 procederà nella scrittura automatica della moglie e nella conseguente stesura di A vision era cominciata il secolo scorso con l'approfondimento dei temi popolari e folclorici nei quali Yeats attinse spunti e tematiche per tutta la vita. E' qui, dunque, che dobbiamo cercare i principali motivi conduttori di Yeats, e tra tutte le opere di quegli anni, La Rosa Segreta è senz'altro la più significativa.

                                                                                                                        Geoffrey Hutchings


Esoterismo e folklore
 in W.B. Yeats (IV di copertina)

Dedica a Michela, Bilbo e Milly

W.B. Yeats nel 1890

W.B. Yeats nel 1930

Esoterismo e folklore in W.B. Yeats
Illustrazione

Poems - Illustrazione
W.B. Yeats

Esoterismo e folklore in W.B. Yeats
 Indice

Alla Rosa Segreta
W. B. Yeats
a cura di Luca Gallesi



Renato Bordonali e Luca Gallesi 
Libreria L'Isola del Sole - Milano


Luca Gallesi e Renato Bordonali
 Scrittore ed Editore


          
Recensione di "Vie del Mondo"
Marzo 1991

Recensione della Rivista "Orion "
Esoterismo e folklore in W. B. Yeats



          
          
          


mercoledì 1 agosto 2012

...A chi vi dice che per capire la positività della realtà, per non franare davanti ai colpi della vita o per stare nella realtà, per non essere in balia delle circostanze o con la paura del nulla, bisogna “impegnarsi in un lavoro che ci faccia recuperare il nostro umano autentico”, personalmente direi che non ha capito niente (e molto altro), ma siccome bisogna essere caritatevoli propongo semplicemente di leggere queste parole di don Giacomo.... (Antonio Socci)

Riceviamo da Antonio Socci (Lo Straniero)
Posted: 31 Jul 2012 01:08 PM PDT
Ricordo che il 19 marzo 1978, presso l’università Lateranense, don Giussani, ripercorrendo la storia del Movimento diceva: “Noi rendiamo presente Cristo per il cambiamento che Egli opera in noi”.
Non per quello che facciamo noi, ma per quello che Lui fa in noi.
La testimonianza cristiana – che Gesù Cristo è vivo – è quello che  fa  Lui, perché se agisce è vivo.
Anzi, se noi ci diamo tanto da fare, può sorgere la tentazione che Lui non faccia più niente perché  è morto!
“La fede cristiana è che Gesù Cristo è risorto e vivo” (S. Agostino)
Il primo cambiamento, l’inizio del cambiamento è la commozione, del cuore, la stessa che avevano i pastori presso la grotta, a Betlemme; è quando il cuore, normalmente duro, si muove.
Come Gesù dà testimonianza di essere Dio? Attraverso la sua umanità. Lo ha detto poco alla volta e così esplicitamente solo a pochi, verso la fine. Ha reso evidente che la sua umanità sorgeva da qualcosa di più grande, dalla familiarità che aveva con il Padre (Padre nostro…)

Vi parlo di due episodi del vangelo, accaduti all’entrata e all’uscita di Gerico.
1.       “Nell’uscire da Gerico, una gran folla lo seguì: ed ecco, due ciechi, seduti lungo la strada, sentendo che passava Gesù, si misero a gridare: “Signore, Figlio di Davide, abbi pietà di noi!” La folla li sgridava per farli tacere, ma quelli gridavano più forte:”Signore, Figlio di Davide, abbi pietà di noi!” Mt.20,29ss
Perché gridavano? Erano ciechi eppure hanno gridato perché passava Gesù. Anche il nostro cuore è un grido, un grido di felicità…anche se poi ci si abitua e non si riconosce più la domanda di felicità che è in noi. Se Gesù non passa non si può domandare; per domandare la felicità bisogna sentire, in qualche modo, la vicinanza della risposta. Passava Gesù…hanno destato la speranza, hanno gridato!

2.       “Gesù entrò poi in Gerico, e stava attraversando la città, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, desiderava vedere chi fosse Gesù, ma non poteva a causa della folla, perché era basso di statura.Correndo avanti, salì sopra un sicomoro per vederlo, perché doveva passare di lì. Gesù, arrivato in quel punto, alzò gli occhi e disse: “Zaccheo, presto, scendi, perché oggi devo fermarmi in casa tua.” Ed egli, svelto, scese e lo accolse con gioia.”
Gesù passa ed alza lo sguardo. Zaccheo scese pieno di gioia e lo accolse in casa sua. Gesù l’ha guardato.
“Bisogna essere guardati per guardare, essere amati per amare, prediletti per dire sì” (S.Agostino)
Nella meditazione per il prossimo venerdì santo, il cardinale Ratzinger proporrà, nell’incontro di Cristo con la madre, sulla via del calvario, la domanda : “Quando il Figlio dell’Uomo tornerà, troverà ancora la fede sulla terra?”
La fede in Lui, in Gesù vivo. Troverà ancora chi lo riconosca? Questa domanda può voler dire che Gesù chiede se la sua passione avrebbe portato frutto, sarebbe stata utile all’uomo. Perché egli era vero uomo, uomo come noi eccetto che per il peccato.
Quando ha guardato la madre, ormai sfigurato dal dolore, sulla via del calvario, Gesù ha avuto la certezza che la sua sofferenza sarebbe stata utile.
Gesù ha sofferto ed ha pregato, ha chiesto anche di non morire. Quando Gesù ha guardato la madre, ha avuto la certezza che la sua sofferenza non sarebbe stata inutile.
“Con la sua speranza e con la fede, Maria ha anticipato il trionfo del Figlio” (dalla Liturgia).
Maria  non poteva fare altro che stare lì, ai piedi della croce.
Quando incontra  la Maddalena, il primo giorno dopo il sabato, tutto era finito, era morto davvero, Gesù la chiama: “Maria! Non mi trattenere…” perché non si può possedere questa presenza, non è un possesso nostro il cristianesimo.
E’ la Grazia che crea la fede.
Se il Signore non mi dona continuamente la fede, io la perdo.
E’ l’identica Grazia che rende credenti e fa rimanere credenti.

Oggi, quell’umanità di Cristo che ha guardato Zaccheo, che è stata confortata dalla madre, una creatura come noi, redenta anche se preservata dal peccato, non è più visibile. Egli era pieno della grazia; come quella grazia raggiunge noi che non vediamo più la sua umanità?
L’idea dell’esistenza di Dio non commuove l’uomo; se lo commuovesse, non sarebbe stato necessario diventare uomo…
Come la Grazia raggiunge l’uomo?
Attraverso i sacramenti, i segni dei suoi. L’umanità di Cristo ci raggiunge oggi attraverso segni visibili all’uomo “Gesù ti fai nostro…” (vedi in fondo la preghiera del card. Montini)
Dopo la sua morte, la speranza era finita, i discepoli hanno perso la fede e la speranza. Per questo la loro testimonianza è che veramente è accaduto qualcosa che ha ridato la speranza, vuol dire che è tornato… altrimenti il cristianesimo è una costruzione che aggiunge fatica alla fatica di vivere.
q  L’origine della vita cristiana è l’opera buona che Lui compie in noi; è quando sorgono la commozione, lo stupore per la sua presenza, le lacrime per il peccato. Le lacrime non sono opera del peccato, perché il peccato produce solo una schiavitù più grande; le lacrime nascono dalla sua presenza che ci riabbraccia; si piange di gratitudine per essere amati.
“Era dolce il Padre” e nel  figliol prodigo, la lontana memoria della dolcezza del padre, genera il ritorno. Quando è tornato il Padre è stato più dolce di prima. E’ più dolce essere riabbracciati.
Il pianto di Pietro testimonia, con le sue lacrime, che Lui, Gesù, gli voleva bene.
“Quando sono caritatevole, è Gesù…. (S.Teresa di Lisieux)
I nostri tentativi diventano pesanti, le cose che facciamo noi, anche quelle buone, diventano pesanti. Le cose che fa il Signore restano leggere.
Il nostro voler bene, il nostro perdono, non sono nostri…e i primi spettatori stupiti dell’opera di Dio, siamo proprio noi. Così il modo nostro di partecipare al suo agire, al suo operare, alla sua testimonianza, si esprime solo come preghiera, come domanda, proprio come i bambini.
Il nostro darci da fare è, tante volte, una contro-testimonianza.

Gesù caro, vieni a me, e il mio cuore unisci a Te.
 E’ meschino il nostro cuore, deh! Ti degni entrarci Tu,
 a infiammarlo del Tuo amore,
dolce amabile Gesù.
“Gesù ti fai nostro.
Ci attiri verso di te presente, presente in una forma misteriosa.
Tu sei presente,come il singolare pellegrino di Emmaus
che  raggiunge,avvicina accompagna, ammaestra e conforta
 gli sconsolati viandanti nella sera delle perdute speranze.
Tu sei presente nel silenzio e nella passività dei segni sacramentali,
quasi che tu voglia tutto insieme velare e tutto svelare di te,
in modo che
solo chi crede comprenda,
 e solo chi ama possa veramente ricevere.
Verso di te ci attiri, o paziente;
 paziente nell’oblazione di te per l’altrui salvezza, per l’altrui alimento; paziente nella figurazione del corpo separato dal sangue;
 paziente fino all’estrema misura del dolore, del disonore, dell’abbandono, dell’angoscia e anche della morte.
Così nella misura della pena
 diviene palese il grado della colpa e dell’amore,
 della colpa umana e dell’amore tuo”
                                                                           G.B.Montini, arcivescovo di Milano


Meditazione di don Giacomo  Tandardini  –  Alba Adriatica, il 18/02/05
Appunti di Carolina di Sante non rivisti dall’autore

UNA MIA CONSIDERAZIONE SU QUESTA PAGINA
Don Giacomo, morto prematuramente nell’aprile scorso, è stato uno dei più geniali e commoventi fra i figli di don Giussani. Molto gli dobbiamo. Personalmente gli devo moltissimo.
Rileggere oggi questi semplici appunti di una sua conversazione – come sentirlo parlare – è tirare un grande respiro dalla vetta di una montagna. E’ come sentirsi liberati da un peso.
A chi vi dice che la fede cristiana significa fare questo o fare quello, sforzarsi o impegnarsi di qua o di là, dite: amico, rilassati, è già venuto il Salvatore. Guardalo. Lasciati stupire e commuovere.
A chi vi dice che per capire la positività della realtà, per non franare davanti ai colpi della vita o per stare nella realtà, per non essere in balia delle circostanze o con la paura del nulla, bisogna “impegnarsi in un lavoro che ci faccia recuperare il nostro umano autentico”, personalmente direi che non ha capito niente (e molto altro), ma siccome bisogna essere caritatevoli propongo semplciemente di leggere queste parole di don Giacomo.
Che dicono tutt’altro. Che sono letteralmente un altro mondo. Che ci ridicono, commuovendoci, quello che veramente don Giussani ci ha insegnato, infiammando i nostri cuori.
Qui sta la libertà, qui fiorisce l’umanità. Questo è il cristianesimo.

Antonio Socci