venerdì 17 marzo 2017

18 marzo 2017 - Compleanno di Renato Bordonali - Contro l'eutanasia. Il valore inestimabile della sofferenza

In occasione del compleanno di Renato (che è in Cielo), condivido quanto ricevuto dal Comitato Verità e Vita in merito all'eutanasia e ripropongo la storia di Renato nei suoi ultimi due anni di vita (2008 e 2009).
In questo periodo così difficile e segnato dalla leucemia, Renato ha saputo rispondere con dignità, fermezza e coraggio rifiutando la fine anticipata della sua vita. Renato fu felice di vivere la sua vita fino all'ultimo giorno, ringraziando Dio per il dono di questa vita, anche se difficile e in sofferenza. Seppe offrire le sue sofferenze a Dio e, fino all'ultimo istante, non lo ha mai abbandonato il sorriso e la riconoscenza nei confronti di Dio e del suo prossimo che lo ha assistito con amore, condividendo la sua vita e la sua sofferenza. Non è stato un periodo inutile, ma posso dire con certezza che è stato il periodo più fecondo della sua vita e forse anche il più dolce e mite.
Renato Bordonali, 18 marzo 2009

Renato Bordonali e l'eutanasia - la sua storia.

Nell'ottobre del 2007, all'improvviso, Renato si scopre malato: leucemia acuta mieloide. Viene ricoverato in un grande ospedale di Milano (non facciamo il nome dell'ospedale e dei medici coinvolti).

Affronta, con grande coraggio, forza e dignità, tutta la trafila delle cure in un Reparto Ematologico all'avanguardia, assistito con sollecitudine e competenza.
Nel maggio 2008 viene dichiarato inguaribile, è ormai "un vuoto a perdere" e qui comincia il vero dramma di Renato che non si rassegna alla "sentenza" e vuole continuare a vivere e a sperare, nonostante tutto. 
Viene affidato dal Primario all'Assistenza Domiciliare che comprende l'assistenza medica e infermieristica a domicilio. Solo le trasfusioni di sangue, quasi giornaliere, devono essere effettuate in ospedale. L'aspettativa di vita era all'incirca di sei mesi, salvo imprevisti. Renato continua a vivere normalmente, a coltivare i suoi interessi, a frequentare la sua Libreria  ceduta all'amico Leonardo, a interessarsi di politica, la sua passione da sempre, ad amare i suoi cari e i suoi gatti (TRE). Non migliora molto, ma neanche peggiora drasticamente come ci si poteva aspettare. Prenota il viaggio a Lourdes con l'UNITALSI  per la fine di aprile 2009. Continua a recarsi in ospedale per le trasfusioni, sempre sereno, forte e coraggioso, recita il Santo Rosario tutti i giorni, legge i Salmi, va a Messa. riceve il Sacramento dell'Unzione degli Infermi, perchè vuole guarire e preparsi al Grande Incontro se così avesse deciso il Signore.  Si indigna per il caso di Eluana Englaro che segue con grande partecipazione, profondamente convinto che nessuno aveva il diritto di accorciare anche di un solo giorno la vita di quella disgraziata ma certo non inutile Creatura. Purtroppo l'entourage di medici che lo cura a domicilio sembra avere idee molto differenti dalle sue. Alla fine il gentile medico che lo curava da mesi era forse infastidita dal faldone della cartella clinica che si appesantiva sempre più ed era incredula che un malato in quelle condizioni fosse così pazzo da affittare una casetta in montagna e da andarci  pure spesso, in auto e da solo. Non solo, il malato ride e fa battute su Obama che non gli piace nemmeno un po', costruisce grafici in excel sull'andamento delle sue piastrine, insomma è più vitale di tanti uomini sani che trascinano stancamente un'esistenza vuota di senso e di valori. A Renato mancava la salute fisica, ma la mente non cedeva di un millimetro e di tutto era carente meno che di valori. A questo punto, il gentile e giovane medico sputa il rospo: "Non è etico sprecare tutto questo sangue per una persona comunque destinata a morire! Lei, Signor Bordonali, dovrebbe decidersi ad entrare in un hospice dove in capo a una settimana, non potendo fare le trasfusioni, perchè non è un ospedale, tutto finirebbe! Tanto, Lei non ha scampo" . Era il 17 novembre 2008. Renato si sentì mancare, più per la mancanza di umanità dimostrata da un medico che pure aveva fatto il giuramento d'Ippocrate e a cui lui era affezionato, che per le parole stesse. Aiutato dai suoi cari e grazie a Michela, amico e medico di grande cuore e anche dal medico di sempre, dott. Luigi Tedone, riuscì a lasciare la Struttura in cui era in cura dal 2007 da un giorno all'altro e senza salutare, ovviamente. Trovò una accoglienza calorosa e competente al Reparto di Ematologia del Policlinico, il Day Hospital, dove i dottori Nicola Fracchiolla, Reda e Aprile e gli infermieri lo hanno curato con dedizione. Lo consolarono delle dure parole e del disprezzo subito come malato e come persona affermando che per loro anche il novantacinquenne leucemico aveva diritto alle trasfusioni fino all'ultimo giorno della sua vita. Questi giovani medici, a cui va  il nostro ringraziamento e la nostra benedizione, avevano fede in Dio. Credevano che Dio solo ha il diritto di donare la vita e di riprendersela! Forse il giovane medico dell'altra struttura ospedaliera aveva altre convinzioni. Non lo sappiamo.
Renato ha confidato la sua storia anche a Padre Antonio Zanotto, francescano capuccino, che in un'omelia del 19 dicembre, all'Oasi di Antegnate, raccontò ai fedeli durante la messa quello che era successo a una Creatura di Dio, a Renato.Pur non facendo nomi di ospedali, ovviamente, mise in guardia i fedeli dall'affidarsi a certe strutture o cure domiciliari, cosiddette all'avanguardia, senza prima accertarsi bene delle intenzioni reali di queste strutture e cioè eliminare prima possibile i vuoti a perdere, nel rispetto della Legge, s'intende. Padre Zanotto disse chiaramente tutto ciò. Esiste il CD con la registrazione di questa omelia.
 Il 18 marzo 2009, Renato ha festeggiato, insieme ai suoi cari e ai suoi amici, il suo compleanno in una pizzeria di Milano. Felice come un bambino, ha spento le sue 60 candeline, ha scartato i suoi regali. Secondo qualcuno, doveva essere morto da almeno 7 mesi. Sono stati invece sette mesi bellissimi pur nella sofferenza della malattia, ricchi di risate, di Fede, di Speranza, di Amore per tutti anche per il medico domiciliare a cui aveva perdonato col cuore, per amore di Gesù Crocifisso. Gite in montagna, nella sua amata Moggio, cibi mangiati con soddisfazione, libri interessanti, coccole a non finire con la sua amatissima gattina Iside, con il suo gattone Michele, fregandosene delle eventuali pericolosissime graffiatine. Tutto questo, per qualcuno, non ci sarebbe dovuto essere... per motivi etici, ovviamente, per essere politicamente corretti, ovviamente... Il Signore, che non ha bisogno del politically correct ha deciso altrimenti. Renato è andato in Cielo il 15 aprile senza subire un solo giorno di allettamento totale; un'emorragia cerebrale lo ha portato via in pochissimo tempo, dopo aver ricevuto i Sacramenti chiesti da lui stesso, con la mente rivolta a Lourdes e alla Dolce Madre. Sia fatta la volontà di Dio.



"Una parola ha detto Dio,
due ne ho udite:
il potere appartiene a Dio,
tua, Signore, è la Grazia;
secondo le sue opere
 tu ripaghi ogni uomo."

Dal Salmo 61



Il valore inestimabile della sofferenza
"Sappiate soffrire tutto cristianamente
e non temete che nessuna sofferenza,
per quanto basso ne sia il suo motivo,
resterà senza merito per la vita eterna".
 San Padre Pio da Pietrelcina


COMUNICATO  STAMPA  N. 187 DEL 2 MARZO 2017

CONTRO LA LEGALIZZAZIONE DELL'EUTANASIA: NESSUN COMPROMESSO!

SALVIAMO GLI  ANZIANI IN STATO DI DEMENZA ED I SOGGETTI INCAPACI O PRIVI DI COSCIENZA DALLA MORTE PER PRIVAZIONE DELLE TERAPIE E DEI MEZZI DI SOSTEGNO NECESSARI PER MANCANZA DI CONSENSO !

Il progetto di legge sulle disposizioni anticipate di trattamento che verrà discusso dalla Camera ha un obbiettivo preciso: favorire ed anticipare quanto prima la morte delle persone "inutili" alla società, soprattutto quelle prive di coscienza (come era Eluana Englaro) e gli anziani in stato di demenza o poveri.

Nel progetto tutto concorre alla loro soppressione. 
La norma sugli incapaci (art. 2) permetterà ai tutori degli interdetti o agli amministratori di sostegno di negare il consenso a nuove terapie per gli assistiti: ma il progetto di legge considera terapia anche la nutrizione e l'idratazione artificiale, cosicché, come avvenne per Eluana, i tutori potranno determinare la morte per fame e per sete dei loro assistiti.

Le Disposizioni Anticipate di Trattamento, poi, servono proprio ad ottenere questo risultato.
Diciamo tutta la verità: le DAT sono una trappola ed un inganno per coloro che - credendo di tutelare la propria dignità in un futuro stato di malattia e d’incoscienza - senza rendersi conto delle effettive condizioni in cui potrebbero trovarsi, daranno il via libera alla propria uccisione per mancanza di terapie.
In tutto il mondo l’esperienza del testamento biologico dimostra che i firmatari spesso non sono in grado di capire le questioni mediche oggetto del documento, che i fiduciari non prendono decisioni conformi alla effettiva volontà dei dichiaranti e che i pazienti che lo hanno firmato vengono discriminati dai medici e abbandonati al loro destino.
Il progetto di legge non si cura in alcun modo della effettiva comprensione da parte di chi firmerà una DAT delle tematiche oggetto del documento; non si preoccupa nemmeno della effettiva libertà psicologica e morale del dichiarante, cosicché sono prevedibili pressioni da parte di strutture, medici e familiari sulle persone anziane o malate perché sottoscrivano quel documento, magari quanto più generico possibile.

Il messaggio di fondo è chiaro - e non è un caso che proprio in questi ultimi giorni i mass media con la tv di stato come capofila hanno fatto a gara per propinarcelo in tutte le salse facendo leva sull’emotività: una vita in stato di disabilità non è vera vita, non è degna di essere vissuta ed è opportuno, anzi necessario (per molti rischia di essere obbligatorio) che essa finisca quanto prima possibile, così da non gravare su familiari, ospedali, società, medici.
La beffa finale?  Se l'interessato chiederà di essere curato con tutti i mezzi disponibili, le sue saranno "preferenze in materia di trattamenti sanitari" che i medici potranno disattendere; se, invece, rifiuterà di essere curato, nutrito, idratato, assistito da respirazione artificiale, le DAT saranno vincolanti per il medico che avrà la garanzia espressa dell'impunità.
L'obbligo è solo per la morte, non per la vita!
           
            Il copione già visto per far approvare altre leggi ingiuste, fondate sull’utilitarismo e l’individualismo esasperato, è già in onda e di fronte all’autodenuncia di un reato punibile con la detenzione da 5 a 10 anni ed all’espressa volontà di reiterare a breve il delitto viene lasciato tranquillamente in libertà il denunciante perché possa mettere in atto quanto affermato: perché?!? 
                       
Il carrozzone per introdurre in Italia la “dolce morte di stato gratuita” su mentite spoglie (consenso informato e dat) è già in piena attività: casi pietosi, obbligati ad andare all’estero ed a pagare più di diecimila euro, bombardamento mediatico con tanto di filmati interviste ed appelli e sul fatto che l’Italia non è un paese civile, autodenuncia con nessun provvedimento per evitare l’annunciata reiterazione del reato!
 Ci auguriamo che i Parlamentari, che ancora rispettano la dignità e la vita umana, non si lascino trascinare da questa ondata di morte ed abbiano il coraggio di affermare in Parlamento che la vita di ogni uomo è sempre e comunque intangibile e che nessuno può avanzare la pretesa che lo Stato diventi complice delle volontà suicide o – come accadrà il più delle volte se il ddl sarà approvato! – omicide di suoi cittadini, cui deve invece assicurare sempre le cure mediche per tutelare  il loro diritto alla salute e l’assistenza necessaria nei casi di grande invalidità.

   Contro questa proposta di legge - lo ripetiamo con ferma convinzione - occorre una presa di posizione salda, basata sulla verità del suo contenuto totalmente inaccettabile e che deve condurre i Parlamentari rispettosi della vita e della Costituzione ad una opposizione decisa, senza la ricerca di alcun compromesso.

Il Comitato Verità e Vita è una Associazione aconfessionale e apartitica. Inizia la sua attività il 28 febbraio 2004 - a seguito dell’approvazione della legge 40/2004 Sulla fecondazione extracorporea -  presenta il Manifesto-Appello “Una legge gravemente ingiusta: la verità sulla fecondazione artificiale ‘in vitro’ ”. Pubblica nel gennaio 2010 il Manifesto Appello “Contro la legge sul testamento biologico. Contro ogni eutanasia.” 
Sede legale: Mura di Porta Massimo D'Azeglio, 4; 40136 Bologna (BO)

Telefono:  392 340 3020 Fax: 05119902255 Codice Fiscale: 91025100065 - C.C.P.: 67571448  
email: info@veritaevita.it; web: www.comitatoveritaevita.it; IBAN IT68R0760110400000067571448; 
Nel caso non voglia più ricevere questa email si prega di rispondere con oggetto 'CANCELLA'.

lunedì 13 marzo 2017

Cesare Ferri e i suo saggio "L'età del Canbastardo"


L'età del Canbastardo
di Cesare Ferri
Orion Libri
Riportiamo l'articolo di Roberto Pecchioli, tramite Maurizio Blondet,  che parla del saggio dell'amico Cesare Ferri.


Il canbastardo, la guardia rossa della democrazia a taglia unica.


                                                           di Roberto PECCHIOLI

Un saggio di alcuni anni fa di Cesare Ferri, uno dei cattivi ragazzi della Milano degli anni Settanta, lungamente perseguitato dalla cosiddetta democrazia, si intitolava L’età del Canbastardo. Era un lungo monologo del protagonista, moderno Don Chisciotte, contro i mulini a vento della modernità e della degenerazione, con il linguaggio immediato e fiorito di chi parla innanzitutto a se stesso. Ne aveva per tutti, il sanbabilino invecchiato, un po’ sgualcito dalle esperienze della vita, ma lucidissimo nel colpire i benpensanti e soprattutto gli intellettuali autonominati, la finta intellighenzia del pensiero unico molliccio, anzi viscido.
Il Canbastardo è sempre all’opera, lavora h. 24 tutti i giorni dell’anno, oggi più che mai, nel regno del Politicamente Corretto e della democrazia a taglia unica. Sì, perché, come nella orwelliana Fattoria degli Animali, tutti sono uguali, ma alcuni lo sono più degli altri, per cui, per la proprietà transitiva, molti sono meno uguali. Pensavamo a questo assistendo al disgustoso spettacolo mediatico relativo agli incidenti a margine del comizio napoletano di Matteo Salvini.
Chi milita in movimenti politici, culturali o religiosi non graditi al correntone progressista sa da sempre di essere figlio di un Dio minore, non soltanto in Italia. Nel caso di specie, al capo della Lega è stato contestato il diritto di recarsi a Napoli per svolgervi attività politica. Caporione della rivolta, il sindaco Luigi De Magistris, ex magistrato della pubblica accusa. Mala tempora currunt… Se fossimo napoletani, non avremmo simpatia per il Capitano leghista, nel cui passato abbondano dichiarazioni imbarazzanti nei confronti della capitale del nostro Sud. Altrettanto, ci guarderemmo bene dall’appoggiare un personaggio, il sindaco Giggino, il cui concetto di libertà si basa sul divieto, a suo insindacabile giudizio, di esprimere convinzioni a lui sgradite. Per di più, il prode ex PM usa come esercito privato i cosiddetti centri sociali. I “ragazzi” (loro mantengono la qualifica indipendentemente dall’età) che hanno devastato Fuorigrotta con la scusa della contestazione a Salvini sono figli ed amici suoi. Chiunque faccia politica a Napoli ne conosce arroganza, invadenza, onnipresenza. Sono foraggiati e coccolati; sembra che i gruppi siano ben trentatrè nella città di Masaniello, forse più numerosi dei clan camorristici che vi spadroneggiano.
Ma nulla conta attaccare De Magistris ed il suo rivoltante carro di Tespi. Paradossalmente, va addirittura ringraziato: almeno non si nasconde dietro paludamenti e frasi fatte, e fa sì che venga alla luce una vergogna che troppo stesso viene negata o minimizzata, ovvero l’abolizione concreta della libertà, in Italia ed in Occidente, per chi non condivida l’orizzonte progressista. La Costituzione formale – un ferro vecchio tanto più esaltato quanto meno se ne tiene conto – recita, all’art. 17, che i cittadini hanno diritto di riunirsi pacificamente e senz’armi, e prosegue, all’art. 21, riconoscendo il diritto per tutti, inclusi Salvini, dissidenti ed oppositori di ogni orientamento, “di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione”.
Così recitano i sacri cartigli, ma che sia una finta lo sappiamo in molti. Non solo non possiamo dire bene, se quella fosse la nostra convinzione, dei regimi del trapassato remoto, ma siamo impediti dal pronunciare frasi e parole, pure citate nei dizionari, che possano suonare discriminatorie, naturalmente verso alcuni, non tutti. Come il maiale Napoleone che assume il comando della fattoria contro il sincero rivoluzionario Palla di Neve, alcuni sono “più “uguali. Nell’Età del Canbastardo è proibitissimo essere dalla parte degli europei, dei bianchi, degli eterosessuali, dei padri, dell’ordine naturale e di altre cose: l’elenco è aggiornato quotidianamente dai padroni dello Spirito del Tempo. I guardiani della democrazia a taglia unica vigilano. Basta chiamare clandestino uno straniero senza permesso di soggiorno e la multa è in agguato. Se poi osassimo affermare che la famiglia è formata da un uomo e una donna la psicopolizia interverrebbe con tutta la forza e la sussiegosa moralità invertita dell’età del canbastardo. A Madrid è stata vietata la circolazione, con salata multa, ad un pullman sulla cui fiancata un’organizzazione cattolica contraria alla teoria del gender aveva scritto che i maschietti hanno il pene, le bambine la vulva, il resto è un inganno.
Fu gran profeta Gilbert K. Chesterton quando scrisse – ed era il 1905! – “la grande marcia della distruzione intellettuale proseguirà. Tutto sarà negato. Tutto diventerà un credo. È una posizione ragionevole negare le pietre della strada; diventerà un dogma religioso riaffermarle. È una tesi razionale quella che ci vuole tutti immersi in un sogno; sarà una forma assennata di misticismo asserire che siamo tutti svegli. Fuochi verranno attizzati per testimoniare che due più due fa quattro. Spade saranno sguainate per dimostrare che le foglie sono verdi in estate. Noi ci ritroveremo a difendere non solo le incredibili virtù e l’incredibile sensatezza della vita umana, ma qualcosa di ancora più incredibile, questo immenso, impossibile universo che ci fissa in volto. Combatteremo per i prodigi visibili come se fossero invisibili.”
Le denunce penali per chi afferma verità sgradite, al tempo dell’iperdemocrazia, si moltiplicano e fanno paura, perché la delazione è attivissima, gradita ed incoraggiata. Aldo Giannuli ha scritto che lo spionaggio è il secondo mestiere più vecchio del mondo. Quale sia il primo lo sappiamo tutti, ed è assai meno disonorevole.  Ciò che ancora meraviglia gli ingenui è che tutto ciò venga chiamato libertà, e che volumi interi siano dedicati alla virtù della tolleranza. Noi ci dissociamo anche da essa, questa soffice coperta in cui si avvolge ogni viltà e qualunque sproposito. Ci tocca nuovamente citare Chesterton, secondo cui la tolleranza è la virtù dell’uomo senza convinzioni. Ove poi dovessimo subire l’inevitabile citazione di John Locke e della sua Lettera sulla tolleranza, ci sarebbe facile ricordare che il primo teorico del liberalismo, gran sostenitore della “gloriosa rivoluzione” orangista inglese, ne negava l’estensione ai cattolici, anzi ai “papisti”, termine che, legge Mancino alla mano, potrebbe ricadere nel reato di discriminazione religiosa.
Poi le anime belle – la definizione proviene da un poeta come Schiller, l’autore dei Masnadieri – sogliono scomodare Voltaire e la sua frase, tanto virtuosa quanto mai pronunciata, secondo cui l’autore di Zadig e di Candido si dichiarava disposto a dare la vita per permettere l’espressione di opinioni dalle quali dissentiva. Strano davvero, a dar retta a quanto lasciò nero su bianco contro gli ebrei ed il cattolicesimo, da lui chiamato l’infame da schiacciare (ecrasez l’infame!).  Niente di nuovo sotto il sole, i tolleranti e democratici a corrente alternata esistono da secoli e l’ultimo dei loro idoli è Karl Popper, che teorizzò di negare la parola e la libertà ai nemici della chiamata società aperta, nome d’arte del liberalismo capitalista.
Il pensiero molliccio, o viscido, o debole nella filosofica accezione di Gianni Vattimo, è al contrario fortissimo, intransigente e non di rado violento al momento di affermare una verità unica, l’ultima rimasta, ossia che la verità non esiste. Qui dismettono la loro tolleranza, forse condividono segretamente il giudizio nostro: attitudine cara agli infingardi, che nasconde a fatica inerzia, conformismo, ansia di sottomissione, perfettamente descritte dal sommo Dante, che considera gl’ignavi neppure degni di un girone dell’inferno. Condannati a girare senza posa, sono condannati a girare in eterno inseguendo un’insegna; Virgilio, con romana saggezza, è lapidario “Non ti curar di lor, ma guarda e passa”.
Noi non contestiamo affatto, tanto per dire, la manifestazione tenuta contro Salvini, o il diritto di esprimere forte dissenso da qualunque opinione: affermiamo tuttavia che, se la democrazia è tale ed esprime la libertà concreta di singoli e gruppi, non vi devono essere tesi, pensieri o idee vietate. Proibito deve essere manifestarle con la violenza, fisica o morale e con la prevaricazione. In una società ipocrita e mercantile, funziona molto bene l’indiretto impedimento. Pensiamo alle intimidazioni di stampa ed a quelle dei mascalzoni dei “social media”, alle oblique “raccomandazioni” di polizia, alla pratica vergognosa, da parte della comunicazione, dei proprietari di sale private, delle istituzioni, di negare nei fatti l’agibilità politica ed il diritto di parola e riunione, nonostante i dissidenti paghino di tasca propria l’esercizio delle loro teoriche prerogative costituzionali.
Ci sono in giro i centri sociali, è intervenuta l’ANPI o quell’altra associazione, il sindaco, o la questura, questo è il dialogo quotidiano dei politicamente scorretti con chi rappresenta il potere. Non tutti, ovviamente: se si è nemici della religione tradizionale, se si possiede la tessera giusta, politica, sindacale, ricreativa, se si appartiene alla galassia sinistrorsa, antirazzista, antifascista, omosessualista, le porte si aprono magicamente, anche se il passato non è proprio cristallino. Saranno i benefici effetti della tolleranza, ma alcune settimane fa Toni Negri, intellettuale conosciuto, ma anche pregiudicato per reati di terrorismo, ha potuto salire in cattedra nell’Università di Genova, mentre pochi giorni prima in città una manifestazione sgradita all’allegra brigata delle sinistre, estreme ed istituzionali, è stata accompagnata, oltreché dal consueto baccano dei centri sociali, dalla mobilitazione del sindaco con tanto di fascia tricolore.
Sotto qualsiasi cielo, coloro dei quali non si può dire male sono quelli che comandano davvero. Una seconda categoria riguarda chi non ha potere, ma serve moltissimo agli obiettivi di chi ce l’ha, come gli immigrati. Con grande ingenuità, molti credevano che tali verità non valessero in democrazia. José Ortega y Gasset, che aveva orrore delle masse, ma restò sempre un liberale, tesseva l’elogio delle democrazie liberali con un argomento che oggi appare risibile: la democrazia è il regime che difende le minoranze, ed in particolare le minoranze più deboli. A condizione, aggiungiamo noi, che non siano davvero “contro”, o almeno che non contestino le verità ufficiali, le idee divulgate o ammesse dal sistema.
In quest’ottica, un buon esercizio di orientamento è quello di verificare chi e che cosa faccia abbaiare il Canbastardo. Il catalogo è quello già citato, a cui possiamo aggiungere gli avversari della globalizzazione e del sistema di vita liberale. Un esponente politico di secondo piano della sinistra politica, metà borghese e metà nostalgico del rosso antico, Pippo Civati, ha espresso le proprie speranze di schieramento, chiedendo un’alleanza “da Boccia a Che Guevara”. Poiché Boccia è il presidente di Confindustria, vogliamo rassicurarlo e fornirgli una notizia: quell’alleanza c’è già, è operativa dalla caduta del muro di Berlino, ma non sembra avere portato né benessere né libertà.
Il politicamente corretto su cui veglia l’intellighenzia – ultimamente danno man forte anche quelli che una volta portavano la tonaca – è, appunto, una vasta alleanza che unisce la destra degli affari e la sinistra dei costumi. Centri Sociali, gran parte della stampa, delle accademie e dei fabbricanti di opinioni ne sono i cani da guardia, il Canbastardo nel mirino di Cesare Ferri. La viltà bottegaia e mercantile, unita al lamentoso pacifismo delle tante maestrine dalla penna rossa sono i principi inderogabili cui è obbligatorio attenersi. E’ in carica infatti l’ubbidiente democratico, splendida definizione di un acuto saggista, Luigi Iannone. I detriti delle ideologie diventano il “luogocomunismo” di massa contemporaneo, il cui riflesso pavloviano è organizzato da un potentissimo circuito fatto di cronaca politica, subculturale, di costume, che detta lo spartito di un pifferaio di Hamelin globale, il quale “astutamente combina atteggiamenti caritatevoli, filantropia e finalità civilizzatrici con una così imponente forza di convincimento da far diventare problematico ribattere e mantenersi ben saldi sulle proprie posizioni”.
Un esempio è quello dei casi di autodifesa contro i malfattori. Chi spara ai manigoldi, invariabilmente “vuol trasformare l’Italia in Far West”. Il giornale dei vescovi, in un episodio recente, ha osato scrivere di privatizzazione della pena di morte. Di chi si arma per delinquere nessun cenno, i loro assassinii non rientrano, evidentemente, nella pena di morte, odiosa davvero in quanto inflitta a vittime innocenti.
Democrazia a taglia unica, ed è un evidente ossimoro, giacché metodo e procedura definiti dalla magica parolina passepartout organizzano il conflitto, ma non lo negano né tanto meno lo impediscono. Contrordine: la democrazia è pensarla allo stesso modo, tutt’al più è ammesso il dissenso sui dettagli. E’ al potere un enorme centro, luogo di incontro degli affari, delle spartizioni, dell’inconfessabile. Per i reprobi veri, ci sono due o tre possibilità: il pensiero spezzato dal codice penale, la pubblica ridicolizzazione, anticamera della gogna, o la prepotenza spicciola dei mazzieri del regime, quei centri sociali che De Magistris ha commesso l’errore di sostenere apertamente, anziché a trattativa riservata, come i progressisti in abito da cerimonia. Ad un livello più alto, si stanno attrezzando per rendere muta o innocua la voce sgradita della Rete. La dittatura all’assenzio di Zuckerberg e soci è alle porte, e quelle porte sono state spalancate dai fieri democratici.
Solo alcuni geni hanno avuto il coraggio di farsi beffe del plumbeo conformismo del pensiero unico. Uno fu il grande attore e regista Carmelo Bene, trasgressivo vero accettando di pagarne il conto. In uno dei suoi rari interventi televisivi osò gettare in faccia ai buonisti di professione il suo disprezzo carico di eversione: “Non me ne fotte niente del Ruanda. E lo dico. Voi no. Non ve ne fotte, ma non lo dite”. Un magistrale atto d’accusa all’ipocrisia dilagante, alle liturgie di chi, a parole, si prende cura di tutto e di tutti, specialmente se lontani, così non si sente l’odore e non si vede lo sporco. L’ubbidiente democratico è sempre dalla parte del Bene, del Giusto, della Solidarietà, dell’Umanità. Tutto con le lettere maiuscole e senza sporcarsi le mani.  Basta che un problema arrivi dalle sue parti, ed eccolo partecipare a comitati o associazioni. Ci vuole il depuratore, abbiamo bisogno delle antenne per la telefonia, ma, mi raccomando, “non nel mio cortile”. Tutto deve essere altrove, anche gli immigrati, che, poveretti, bisogna accoglierli, ma non proprio qui, vicino all’asilo, alle scuole elementari, al parco pubblico o a chissà che altro.
Insomma, chi vuol dire la sua lo faccia, ma a bassa voce e, per carità, “not in my backyard”, non proprio qui. E’ un tempo vuoto, assomiglia a Bibendum, l’omino della pubblicità Michelin, fatto di pneumatici gonfiati al massimo. Basta uno spillone, e il povero Bibendum sfiata e crolla su stesso come un sacco vuoto.
Forti ed occhiuti con i deboli, allineati e servili con i prepotenti, islamisti radicali, poteri finanziari, giganti dell’industria digitale. E’ lo sterminio calcolato delle differenze, il trionfo dell’omologazione mascherata da personalizzazione, come i messaggi commerciali provenienti dall’incrocio dei dati nella nostra nuova identità digitale. L’ordine imperiale è gettare ponti, abbattere muri.  Qui entriamo nella dimensione del surreale, nel quadro di Magritte che ritrae una pipa, con l’avvertenza che quella non è una pipa, ma solo una sua immagine dipinta. Pensiamo alle banconote dell’Euro: ogni taglio contiene il disegno di un ponte e di una finestra, ma nessuno di essi corrisponde a qualcosa che esiste davvero. Ponti e finestre virtuali, come il mondo che ci hanno preparato. Intanto, dappertutto si erigono muri, segno che gli uomini non si sentono tanto uguali tra loro, e diffidano di vicini e lontani.
Il muro americano con il Messico, nella parte costruita al tempo di Obama, tuttavia, è democratico e virtuoso, quello deciso da Trump è una schifezza che grida vendetta e destra indignazione a gettone e manovella, come la musica dell’organetto. I turchi hanno costruito un muro mobile anti curdo di oltre 550 chilometri alla frontiera siriana, nel Kossovo solo muri e filo spinato impediscono il peggio tra albanesi e serbi. Il vallo di Adriano romanizzò la Britannia e tenne lontane le feroci tribù della Caledonia. A Roma, dove i neocattolici invocano ponti e maledicono i muri, le mura di Leone IV difesero l’Urbe dagli islamici, ed il Vaticano stesso non è che un’unica fortificazione attorno a San Pietro ed al colonnato del Bernini.
Ma ci sono anche muri politicamente corretti, come quello israeliano attorno alla Palestina, o quelli di crittografie, fotocellule e “firewall”, ma contemporaneamente di guardiani armati fino ai denti, di mille istituzioni economiche e finanziarie private. Insomma, maschera e volto di una contemporaneità che si considera il culmine della storia, alba di una umanità nuova.  Ad essa sovrintende un pensiero unico che nel passato avremmo chiamato sinistra, diventato custode di un nuovo conservatorismo. La loro sovversione ha vinto, i piromani indossano ora l’uniforme del pompiere inflessibile. Jean Baudrillard, il grande sociologo francese morto nel 2007, definì la presente l’era del transessuale. Si riferiva all’odio invincibile per ciò che non è identico, classificabile, omologabile. Parlava di orrore per l’alterità, che la figura del transessuale, come quella mitica dell’Ermafrodito, assorbe e neutralizza.
La società dell’Unico in miliardi di esemplari, in cui la cultura dominante, saldamente ancorata alle ubbie progressiste, si fa pura giurisdizione morale, tenutaria dei valori del Bene e del Vero. Vestale di un progresso ingrigito, è passata dal senso della Storia all’adorazione beghina della storia, del diritto e della buona coscienza. Vilfredo Pareto, infastidito, lo chiamava virtuismo, tra residui e derivati, Augusto Del Noce, il massimo filosofo italiano della seconda metà del Novecento, parlò di perfettismo, profetizzando l’avvento del partito radicale di massa, liberale, liberista, libertario e libertino.
Quel che unisce l’intero sistema è la demonizzazione dell’avversario, del dissidente, dell’oppositore, o più semplicemente, di chi vuol continuare ad esercitare il pensiero critico, diffondendolo.
In termini evoliani, la sovversione ha vinto la sua guerra. Da oggi, c’è bisogno di una nuova eversione, che ribalti con pazienza l’inversione realizzata. Occorrono coraggio, saldezza di nervi e di cuore, oltre ad un pizzico di sana follia. Nessuno è vincente in eterno, anche l’età del Canbastardo finirà. La verità ha bisogno di essere gridata, nonostante tutto. I ribelli torneranno in campo, e se si dovrà sguainare la spada per affermare che l’erba è verde, ebbene lo faremo.



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